Il termine Genius Loci acquista un suo significato culturale e simbolico solo se lo si rapporta con la cultura dell’abitare e quindi con un luogo specifico, la cui identità si connette con la sua specificità storica e ambientale. In questo caso il Genius Loci lo si rapporta con il luogo stesso, con la sua anima e quello spirito o daimon di cui gli antichi solevano proteggere il luogo stesso attraverso la presenza del Genius Loci. In altri termini il Genius Loci si  prende cura dell’uomo e del suo ambiente e la sua influenza si estende anche alla procreazione, dato che ci si può rivolgere a lui come alla “personificazione divina della forza generativa che agisce nell’uomo e

Santuario di San Michele

provvede alla perpetuazione della famiglia”. Con il tempo il Genius Loci è diventato la divinità tutelare dell’esistenza di ogni individuo, quasi a voler identificare la divinità con l’uomo stesso, che diventa il nume tutelare del luogo e quindi dell’abitare. Infatti,  nell’antichità il più primitivo dei luoghi sacri era un microcosmo, un paesaggio fatto di pietra, alberi, acqua, ecc. Generalmente tali ambiti oracolari, profetici non venivano mai scelti dall’uomo, ma scoperti tramite l’intervento del Genius Loci. In questo modo “i luoghi sacri, afferma R. Milani, furono un sistema di significativi punti geografici per l’iniziale vita umana”. Oggi pochi scrittori fanno riferimento  a tale denominazione, in quanto si è smarrito il senso del mistero e quindi dell’identità fra l’uomo e l’ambiente, fra l’uomo e la cultura dell’abitare. Cultura che viene sommersa dal desiderio dell’uomo di arricchirsi, distruggendo la natura e quindi l’ambiente. Tutto ciò si inquadra nel ritorno ad un individualismo esasperato, che trascende la stessa esistenza intesa come collettività e quindi come comunità. 

Il Castello

Generalmente fino all’età medievale il Genius Loci ha avuto un significato statico, circoscritto al luogo in cui vi si riferiva. Invece con l’età rinascimentale il Genius Loci ha acquistato degli aspetti più creativi, in quanto ha interpretato spesso i desideri degli uomini nei confronti dell’ambiente e quindi della natura. Desideri che spesso, tuttavia, non sono coincisi con l’aspetto morale e di salvaguardia della natura, specie da quando si è avuto all’inizio dell’Ottocento lo sviluppo industriale che ha determinato un cambio di prospettiva, tale da subordinare la Natura allo sviluppo e quindi alla crescita indiscriminata del processo industriale. Tutto ciò ha  determinato la nascita del positivismo e quindi il declino dell’idealismo, due aspetti della modernità e quindi la sconfitta del Genius Loci e la vittoria del materialismo  come elemento di trasformazione della vita. In altri termini si è avuto, con  la modernità, il sopravvento del contingente, mettendo in crisi il romanticismo e l’idealismo. Narrazioni che  sono entrate in crisi con la modernità, cedendo il posto alla postmodernità, tanto da decretare la fine delle grandi narrazioni, fra cui l’illuminismo, l’idealismo e il marxismo.

Battistero di San Giovanni in Tumba

Oggi c’è bisogno di riacquistare il senso più vero del Genius Loci e quindi l’essenza significativa della cultura dell’abitare, messa in crisi ultimamente attraverso un esasperante razionalismo costruttivistico di origine lecorbusiana e wrigtiana. In altri termini bisogna  riacquistare una nuova “geografia del genius loci”, come riferisce recentemente l’autore del libro La geografia del genio di Eric Weiner, il quale si propone di rintracciare nelle grandi città, come Roma, Vienna, Atene, Firenze, Venezia, Pechino, Calcutta, il loro Genius Loci, riscoprendo così l’essenza stessa della loro esistenza e quindi del loro sviluppo. Un Genius Loci che non è mai passivo, ma attivo, in quanto espressione di una collettività che si è formata nel tempo e che ha dato alle singole città una loro identità e una loro valenza culturale. In questo senso bisogna rivalutare, per ogni singola città, sia essa grande che piccola, il senso comune dell’appartenenza, quello spirito collettivo che da solo può generare

Centro storico: Largo Dauno

sviluppo e crescita, ma nello stesso tempo può generale partecipazione e quindi creatività.  Non vi è sviluppo se la gente rimane fuori da ogni processo decisionale e da ogni scelta condivisa. E questo vale specialmente per una città come Monte Sant’Angelo, la cui realtà è ben studiata ed approfondita nella presente opera, ma anche come tante altre, che hanno in loro grandi potenzialità storico-culturali, acquisite nel tempo attraverso vari apporti di civiltà e  culture. Non per niente, oggi, Monte Sant’Angelo, con il suo santuario micaelico, è Città UNESCO e quindi Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Attraverso la riscoperta e la coscienza del proprio luogo e della propria storia la gente si sente interprete e stimolata ad ogni evento, sia esso di natura sociale, economica e culturale. L’indifferenza e l’eccessiva critica distruttiva non producono nulla, se non sfiducia nell’esistente e un generale senso di pessimismo.  Con la riscoperta del proprio Genius Loci, la città riprende il suo cammino di civiltà e di cultura, in un percorso condiviso di scelte e di decisioni improntate alla legalità e alla giustizia sociale. E questo deve essere alla base di ogni programma politico-culturale riguardanti le città che si apprestano ad eleggere i propri rappresentanti istituzionali. Nella storia dell’uomo vi sono stati sempre dei protagonisti, che hanno aperto la strada al progresso e allo sviluppo, creando così il presupposto per una “società aperta”, e per una “città che sia di tutti”. In questo senso oggi si parla di “diritto alla città”, di città in evoluzione, di città condivisa, di città diffusa. Tutto questo ci porta a considerare l’abitare come luogo privilegiato per manifestare il nostro amore per il territorio, lo stesso che in questi ultimi anni è stato distrutto e mai considerato nel suo intrinseco valore inteso come paesaggio. Paesaggio dell’anima, più che dell’abitare. Paesaggio come espressione di un modo di essere tutt’uno con la natura, nella sua intrinseca forza energetica, fatta di vibrazioni,  tale da considerare i luoghi come espressioni della propria creatività. In questo senso oggi si parla tanto di Genius Loci in rapporto specialmente al campo architettonico e quindi nel progettare le città, come luoghi di identità e di cultura. Del resto nei miei numerosi libri che ho scritto, ho considerato sempre la città, intesa come “bene  comune”, come una delle massime espressioni dell’identità culturale dell’uomo, con i suoi monumenti e le sue tradizioni, che rappresentano i beni culturali materiali e immateriali. Infatti, tutto ciò che descrivo nei miei articoli e nei miei libri, non è altro che un rivivere per episodi e per immagini l’intera storia di una città, Monte Sant’Angelo, nei suoi aspetti positivi e negativi. Aspetti che si manifestano attraverso l’analisi degli avvenimenti riguardanti la storia di una città, sia essa sociale, culturale, economica, urbanistica, politica, ecc. Purtroppo tutto ciò che riguarda oggi la propria città può influire positivamente e negativamente non solo da un punto di vista estetico, quanto anche da un punto di vista psichico.  Infatti, oggi, specie nelle grandi città, si manifestano segnali di disagio mentale, che un tempo non vi erano, ma che oggi si manifestano in quanto soggette a condizioni inumane, che ne alterano la topografia stessa della città, la sua dimensione storica e culturale. In altri termini una città costruita male e gestita male può influire sulla psiche dell’uomo e ne condiziona il comportamento e la qualità stessa della vita. Per questo, oggi, si parla di “bioarchitettura”, di “bioarchitetto”, di “architettura naturale”, di “architettura bioecologica”, ecc. L’obiettivo è quello di far sì che la città, con il suo Genius Loci,  torni ad essere un luogo dove il nostro benessere aumenti, migliorando la qualità della vita, ritrovando un ambiente rilassante e tranquillo, dove vi sia un rapporto sereno fra l’Uomo e la Natura. E a questo proposito, per quanto riguarda la città di Monte Sant’Angelo, il suo vero Genius Loci è nella figura dell’Homo Viator,  con il suo perenne andare verso la Luce, quella stessa che solo in cima alla Montagna Sacra è possibile conoscere lo splendore, in un perenne percorso dell’Uomo verso la divinità e quindi l’immortalità dell’Essere.

                                                          GIUSEPPE PIEMONTESE
                                                            Società di Storia Patria per la Puglia