Ci risiamo, sono sbocciate le mimose come nuvole di luce. Preannunciano più che la primavera, che tarda a mostrarsi, l’8 Marzo, Giornata internazionale delle donne e di cui ormai sono il simbolo. No, non è la Festa delle donne. Ormai lo abbiamo imparato tutti, dopo l’estenuante tam tam dei più illustri studiosi di storia e di letteratura che ce lo ricordano a gran voce bacchettando anche un minimo accenno di ilarità irriverente. Bene! Ma se c’è un solo giorno all’anno dedicato alle donne per festeggiarle come si fa con il prosciutto di Parma, il radicchio di Treviso, il tiramisù di tal dei tali, quello dei baci perdifiato e quello pingopallino che si contendono il primato per origini o qualità con a seguito fiumi di vino e fuochi d’artificio, allora anche l’8 Marzo è una festa. Sì perché, se serve a celebrare tutte quelle donne che si sono battute per la conquista e il riconoscimento dei propri diritti, tutte le quote rosa che hanno raggiunto le stelle, tutte quelle che osano il volo e tutte le altre la cui grandezza sta nel gestire, con polso fermo, gli affetti, i sentimenti, i conflitti, la fama, la rabbia, allora sì, l’8 marzo è una festa. Se serve a ricordare che le leggi che regolano il mondo non sono state pensate per le donne. Che l’universo lavorativo, familiare, sentimentale in cui agiscono, ha ancora un codice che segue un altro corso, tortuoso e che si intoppa come un fiume nelle sue anse. Che delle donne, a parte i titoli di studio moltiplicati per mille, ancora non sono contemplati entusiasmo, passione, tenacia, determinazione, resistenza alla fatica, abilità nel trovare soluzioni, scartare ostacoli, organizzare, cadere e rialzarsi, nel lavoro come in famiglia, ma tutte vanno avanti a vele spiegate orgogliose e fieri di sé, allora l’8 marzo è una festa. Se serve altresì a sottolineare che l’universo delle donne non ha regole, orari, tempi, ma tutto funziona benissimo, mentre intorno tutto crolla, grazie a loro e malgrado inciampi, sbadigli e capogiri che si risolvono in litri di tisane miracolose, inventate apposta, al fine di rimetterle in sesto sempre e comunque, allora l’8 marzo è una festa. E non fa niente se la sorprende qualche linea di febbre proprio il giorno della riunione con il direttore dell’azienda, lei lì ci sarai! O se, sfinita sul far della sera, si sistema alla meglio i capelli e si rimette il rossetto, mangiato in pausa col panino al prosciutto, per non mancare all’ennesimo saggio di danza di sua figlia. Non se lo perdonerebbe! Stanca e stressata, alla fine lei farà tutto. Basta organizzarsi e duplicare magicamente le ventiquattro ore della giornata dedicando la massima urgenza e priorità assoluta a ogni suo momento. Con i post attaccati sulla porta del frigo per non dimenticare nulla e con l’agenda tra le dita per la vita da organizzare. Se serve dunque a ricordare tutto questo, allora l’8 marzo è una festa. E lo è per tutte le donne. Per quelle vincenti, scienziate, campionesse dello sport, imprenditrici e manager che si sono contraddistinte per ingegno, tenacia e competenza. E per tutte le altre, rozze e illetterate, arruffate e inermi e dunque perdenti. Per quelle di ieri alla conquista di un posto nel mondo e per tutte le altre che ancora oggi sono ai margini di quel mondo. Per quelle celebri dalle storie ardite e per quelle comuni dalle storie celate o drammatiche. Per quelle che si abbandonano alla spregiudicata chirurgia estetica per vincere almeno in bellezza, per quelle già belle trasformate in oggetti sessuali in pasto al web, per quelle fragili in costante ricerca di aiuto, per quelle forti fortissime che non ne hanno bisogno perché fanno tutto da sole masticando ferro e coraggio, per quelle ancora in grado di addestrare uomini forti e soldati valorosi, l’8 marzo è una festa. Per quelle schiave moderne dello sfruttamento, per quelle da migliaia di follower, sul podio dei social, per una posa osé, per quelle con il mondo in bilico sul tacco quindici, per quelle in lotta perpetua con le calorie e per quelle extralarge sempre fuori dai giochi. Per quelle a cui non si perdona la scelta di un’altra sessualità e per quelle morte ammazzate colpevoli di libertà, per tutte  l’8 marzo è e sarà una festa.      

     Filomena Taronna