Vangelo. Con la domenica delle Palme o della Passione di nostro Signore, ha inizio la settimana Santa.
Se compresa la benedizione delle palme, la liturgia prevede la proclamazione due brani del Vangelo di Marco: l’ingresso di Gesù in Gerusalemme alla benedizione e il racconto della Passione, durante la messa.

All’Osanna del primo racconto segue lo spettacolo penoso e pensoso della croce del secondo.

L’acclamazione attribuita a Gesù è figlia di un’aspettativa umana: è politica. Gesù è la soluzione al problema dell’occupazione dei romani e delle loro oppressioni. Per questo, secondo loro, lui è un re.

Un politico di alto spessore come Aldo Moro pensava che la politica per sua natura finisce sempre male; ragion per cui, quel male va corretto, emendato, riscattato. Ragion per cui nella politica non c’è l’assoluto, bensì il relativo e la perfezione non le appartiene affatto. L’attesa del popolo era, quindi, riposta in un vacuum (vuoto) che non tarderà a deluderli fino a farli ribellare qualche giorno dopo.

Anche la croce è tutt’altro che perfezione; ma il senso che Gesù Cristo le dà, è il riscatto fin dalla radice di tutto il male che circonda l’uomo.

Dice un poeta: “essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce”. Perché l’amore conosce molti doveri, ma il primo è di essere con l’amato, stringersi a lui, per poi trascinarlo in alto e, se serve, fuori dalla morte.

Se Gesù fosse sceso dalla croce non avrebbero ucciso Lui. Rimanendo in croce ha insegnato a non uccidere nessuno! Ad accorgersene per primo fu quel centurione che era lì sotto. Guardandolo esclama: “davvero quest’uomo era figlio di Dio!”.

Non è la prova dell’esistenza di Dio ma è l’annuncio che Dio nella croce sa cosa fare. L’uomo può solo gridare. Dio può solo salvare. Ed è l’unico a saperlo fare.
Per questo, inventa la Resurrezione!